Cos'è l'outbound marketing e alcuni esempi pratici
L'outbound marketing potrebbe essere definito come un tipo di “marketing tradizionale” , ma ancora molto utile: ecco di cosa si tratta e alcuni esempi dai quali trarre spunto per il tuo business

- Cos’è l’outbound marketing
- Esempi di outbound marketing
- Inbound o outbound marketing: cos’è cambiato?
- Vantaggi e svantaggi dell’outbound marketing
In buona sostanza è il tipo di promozione messo in pratica ad esempio da TV e giornali, e si contrappone oggi al più recente concetto di inbound marketing, una metodologia basata su presupposti completamente diversi e, per la maggior parte, su tattiche di comunicazione nate con l’avvento dell’era digitale. L’inbound marketing sembra ormai aver surclassato con i suoi plus che le vecchie strategie outbound, ma in realtà la vecchia concezione di “pubblicità” non è scomparsa e continua a rappresentare una buona fetta degli investimenti in marketing di numerose piccole e grandi aziende.
Nonostante le performance e le potenzialità dei due sistemi siano molto diversi, entrambi hanno i loro pro e consentono di conquistare vantaggi competitivi: l’outbound marketing può ancora oggi essere una valida alternativa per le imprese, a patto di conoscerne gli strumenti e i limiti. Scopriamo meglio cosa si intende per outbound marketing e quali sono i principali canali che usa per comunicare al pubblico.
Cos’è l’outbound marketing
La definizione di outbound marketing potrebbe essere assimilata a quella di “marketing tradizionale” e si tratta di una comunicazione sostanzialmente monodirezionale tra l’azienda che invia il suo messaggio e l’interlocutore che lo riceve, generalmente subendo un’interruzione nelle attività che stava svolgendo.
Questa tipologia di comunicazione pone il suo focus principale sull’impresa che comunica, sul suo brand, sui suoi prodotti o sui servizi che offre, proponendoli al mercato con attività promozionali nelle forme più convenzionali. Un approccio completamente diverso da quello del marketing più recente, che invece vede il cliente e le sue necessità al centro di ogni strategia.
Ciò non significa che l’outbound marketing non consideri in assoluto le esigenze e le caratteristiche della clientela, anche perché comprendere e soddisfare le esigenze del proprio target è sempre stato, ed è tutt’oggi, la missione primaria di ogni brand che desidera avere successo sul mercato.
Il cliente è quindi sempre il fulcro principale nella creazione di qualsiasi marketing strategy, ma l’outbound marketing, essendo nato in un’epoca in cui i mezzi per comunicare erano nettamente diversi e limitati rispetto ad oggi, non riesce a raggiungere il livello di personalizzazione e contestualizzazione a cui oggi ci hanno abituato tecniche di marketing più sofisticate e digitalizzate.
Per capire meglio cosa significa outbound marketing e per comprendere i suoi pro e i suoi contro, è utile fare una panoramica su qualche esempio pratico.
Esempi di outbound marketing
L’outbound marketing è sicuramente tra le tecniche di comunicazione con cui, ancora oggi, veniamo più spesso in contatto. Un esempio su tutti sono gli spot pubblicitari trasmessi in TV, che interrompono programmi, film e talk show con messaggi generalisti. Ma fanno parte del marketing outbound anche le attività di promozione radio, quelle di telemarketing o le inserzioni su riviste e quotidiani.
Nel gruppo dei messaggi “outbound” ci sono anche i volantini distribuiti a chi cammina per strada, i cartelloni pubblicitari nei contesti urbani, le chiamate a freddo o le vendite porta a porta. Nell’ampia categoria di strategia outbound rientrano però anche alcune delle attività digitali più moderne, come l’invio massivo di email non richieste e non customizzate oppure i banner invasivi e i pop-up che si aprono quando si naviga online.
Si tratta di canali certamente molto diversi tra loro, ma tutti accomunati dallo stesso filo conduttore e dallo stesso risultato: interrompere l’utente, per mostrargli un messaggio preconfezionato e non sempre in linea con i suoi gusti, le sue preferenze d’aquisto, i suoi bisogni e i suoi interessi. L’outbound marketing è infatti anche definito come “interruption marketing” proprio perché tra le sue caratteristiche principali c’è quella di “invadere” in un certo senso lo spazio dell’utente con le sue comunicazioni.
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Inbound o outbound marketing: cos’è cambiato?
L’outbound marketing è stato per decenni il metodo principale per comunicare con il pubblico, ma nei tempi più recenti ha dovuto cedere il passo alle logiche più raffinate dell’inbound marketing. Per diverso tempo però il marketing è stato basato su tattiche di comunicazione di massa e one-to-many, ossia sull’invio del medesimo messaggio a una moltitudine di interlocutori.
D’altra parte per loro natura i mezzi come TV, radio o giornali non hanno alcuna possibilità di dialogare con criteri one-to-one, né di parlare solamente a gruppi definiti di utenti con specifiche caratteristiche, lasciando fuori tutti gli altri.
L’outbound marketing è quindi una strategia “push”, che cioè “spinge” la comunicazione e promozione verso l’interlocutore, senza chiederne il consenso e interferendo sostanzialmente con la sua vita quotidiana. Tale impostazione si contrappone alle più recenti strategie di “pull” marketing e al concetto di permission marketing, ovvero un invio di comunicazioni commerciali solamente a chi ne presta consenso esplicito ed è già generalmente alle ricerca di informazioni su specifici brand, prodotti o servizi.
Nuove tecnologie, nuove abitudini di acquisto, nuovi processi di vendita e nuove consapevolezze da parte degli utenti hanno infatti trainato l’evoluzione del marketing, portando alla nascita e all’affermazione di tattiche totalmente diverse, come l’inbound marketing.
In questo scenario viene abbandonato totalmente un tipo di comunicazione unidirezionale
in favore di un marketing relazionale e orientato non direttamente alla chiusura vendita, ma anche alla costruzione di relazioni solide tra il brand e la sua clientela potenziale o effettiva. I contenuti dell’inbound marketing sono costruiti attorno alle esigenze di chi dovrà fruirne e raggiungono un’audience altamente segmentata nel posto giusto e nel momento più opportuno.
È chiaro che questo nuovo modo di comunicare risulta più preciso, più personalizzato e meno “interruptive” di quello usato in precedenza, fornendo maggiori occasioni di conversione e creando una comunicazione decisamente più coinvolgente e bidirezionale.
In ogni caso, l’outbound marketing è tutto fuorché dimenticato e continua ancora oggi a fornire ottimi spunti e benefici a chi riesce a metterlo in pratica, integrandolo al meglio nei suoi piani di marketing.
Vantaggi e svantaggi dell’outbound marketing
Il marketing outbound ha alcuni innegabili contro, che ne fanno un metodo oggi considerabile per certi versi “obsoleto” rispetto alle più sofisticate strategie di advertising. Ad esempio, un messaggio push rischia spesso di raggiungere il suo destinatario in un momento in cui non è pronto o disponibile a riceverlo, né a comprenderlo: oltre a infastidire potenzialmente l’interlocutore, questo potrebbe minare l’efficacia della comunicazione, che potrebbe essere recepita solo parzialmente e non sortire l’effetto desiderato.
Inoltre, l’enorme numero di messaggi push a cui gli utenti oggi sono abituati genera un sovraccarico di informazioni difficile da gestire e da processare per chiunque. Un contenuto promozionale anche valido corre il rischio di disperdersi tra le migliaia di altri messaggi a cui il target viene sottoposto: quelli delle fonti più tradizionali si sovrappongono inoltre a quelli provenienti dall’universo digitale, generando un vero bombardamento di informazioni, dati e stimoli che porta a un calo dell’attenzione e della reattività a ogni singolo messaggio.
I consumatori oggi sono molto più consapevoli e attenti nei loro percorsi di acquisto e sono sempre più abituati a comunicazioni pull e altamente customizzate, che rendono molto più delicata la pianificazione di strategie efficaci di outbound marketing. Inoltre tra gli svantaggi del marketing outbound da considerare ci sono gli elevati costi che comporta e una difficoltà oggettiva nella misurazione dei risultati.
Proporre uno spot in TV o affiggere un cartellone pubblicitario sulle mura della città richiede ancora oggi un investimento elevato, spesso impossibile da sostenere per le imprese più piccole o per le start up. Inoltre il ROI, ossia il ritorno sull’investimento, è parecchio complicato da calcolare quando un messaggio ha raggiunto una massa non precisamente identificata di persone. Come stabilire se la strategia ha funzionato?
Presenza sui Social
Bisogna passare da vie trasversali, come l’analisi dell’andamento dei fatturati in seguito a specifiche campagne, o l’attivazione di sondaggi che permettano di comprendere come l’utente è venuto a conoscenza del brand. Solo in questo modo di riesce a capire se e quale promozione in particolare abbia permesso di conseguire maggiori risultati.
L’outbound marketing resta comunque molto utile quando l’intenzione è quella di impostare un primo contatto con l’utente, facendogli conoscere un brand o un’offerta che potrebbe essergli utile e spingendolo a cercare maggiori informazioni altrove, ad esempio online, sul sito del brand o sui social media, oppure direttamente presso l’azienda che ha avviato la campagna pubblicitaria.
La lead generation è ancora uno degli obiettivi principali delle tecniche outbound, insieme alla costruzione di una maggiore conoscenza del marchio e al rafforzamento della sua brand awareness. Insomma, l’outbound marketing può essere particolarmente utile per le imprese che desiderano raggiungere la più ampia fetta di pubblico possibile, nel più breve tempo possibile.
Se inizialmente il messaggio può essere push e non customizzato, questa strategia permette comunque di aprire le porte a una prima interazione con l’utente, che permetterà in futuro di impostare nuove strade per relazionarsi, più precise e personalizzate. L’outbound marketing infatti può essere il primo passo in una strategia integrata, che presuppone in seguito l’implementazione di strategie inbound e un lead nurturing ben studiato, che coccoli e convinca il nuovo potenziale cliente.