Native Advertising: cos'è, esempi e come farla bene

Il native advertising è una strategia di pubblicità digitale che integra annunci promozionali in modo naturale, all'interno del contesto editoriale. Il fine è mimetizzarsi con il contenuto per apparire meno invasivi. Scopriamo più da vicino il significato di native advertising, qualche esempio vincente e un po’ di consigli utili per farla bene.

Pubblicato il 21 dicembre 2023
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Il native advertising è una forma di pubblicità che ha rovesciato il concetto stesso di pubblicità tradizionale. Al contrario di quest’ultima, che si pone l’obiettivo di distrarre il lettore dal contenuto in modo da comunicare meglio il messaggio pubblicitario, il native advertising ha infatti la finalità di non distogliere l’attenzione del lettore immergendo la pubblicità all’interno del contesto.

Le campagne native advertising, quindi, sono un’evoluzione della pubblicità tradizionale, poiché mirano a integrare annunci in modo armonioso con il contenuto circostante. Questa forma di pubblicità si fonde con l’ambiente editoriale, apparendo come parte integrante del contesto anziché come interruzione.

Questa tattica cerca di offrire una user experience più fluida agli utenti, riducendo la percezione di invasività. Utilizzando la stessa forma e tono del contenuto nativo, il native advertising mira a generare interesse e coinvolgimento più autentici da parte degli utenti, spingendoli a interagire con il messaggio pubblicitario in modo organico. Nei prossimi paragrafi scopriremo esempi vincenti di native advertising e vedremo come metterlo in atto in modo professionale.

Cos’è il native advertising?

Il native advertising, o pubblicità nativa, è una forma di pubblicità online di tipo contestuale che ibrida e mimetizza il contenuto e i messaggi pubblicitari all’interno del contesto editoriale in cui sono collocati, presentando la pubblicità come una naturale continuazione dei contenuti editoriali che la ospitano.

Gli annunci o, più in generale, i contenuti pubblicitari nativi sono in tutto e per tutto coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma che li ospita, in modo tale che l’utente che li vede li percepisca semplicemente come parte di essa.

L’obiettivo finale del native advertising è rendere l’annuncio pubblicitario meno intrusivo per l’utente e aggirare così la cosiddetta cecità da banner (o banner blindness), cioè quel processo cognitivo per cui gli utenti, sempre più bersagliati dai banner pubblicitari, tendono ad ignorare in maniera più o meno consapevole tutto ciò che percepiscono come messaggio pubblicitario.

Ciò nonostante, a differenza del publiredazionale (che tenta di mascherare i contenuti pubblicitari come articoli editoriali su prodotti o servizi), nella pubblicità nativa viene esplicitato il fatto che si tratta di un contenuto sponsorizzato e anche chi lo sponsorizza.

Formati ed esempi di native advertising

I formati più diffusi del native advertising sono sei, ovvero:

  • In-feed: come gli articoli sponsorizzati presenti all’interno dei siti web e i social adv;
  • Annunci sponsorizzati: presenti sulle pagine dei motori di ricerca;
  • Recommendation widgets: cioè quei link pubblicitari in fondo agli articoli pubblicati su un sito, che consigliano contenuti simili o correlati;
  • Liste sponsorizzate: cioè liste di prodotti di aziende inserite all’interno di siti che non hanno un contenuto editoriale e hanno un collegamento con una landing page dell’azienda, ma che sono create in modo da adattarsi all’esperienza di navigazione del sito;
  • In-ad: ossia dei contenitori pubblicitari collocati fuori dal flusso di contenuti editoriali, ma che presentano dei contenuti contestualmente rilevanti al suo interno;
  • Custom: cioè tutte quelle forme di pubblicità nativa che non rientrano nei precedenti formati.

Tra gli esempi vincenti di native advertising è possibile individuare la campagna “Promoted Tweets” di Twitter, che inserisce annunci nel flusso di tweet degli utenti in modo discreto. Un altro esempio è la sponsorizzazione di contenuti editoriali su BuzzFeed da parte di aziende come Coca-Cola o Nike, dove gli annunci si integrano perfettamente con lo stile del sito. Il “Brand Studio” del New York Times è un esempio di formato custom, dove il giornale crea contenuti pubblicitari che si adattano al tono editoriale.

Come fare native advertising: i consigli

Uno dei requisiti principali affinché una campagna di native adv si riveli efficace è la scelta del formato giusto. A prescindere dal formato, però, è altrettanto importante che la campagna di pubblicità nativa sia omnichannel, cioè multicanale, in maniera tale da poter sfruttare tutti i canali su tutti i dispositivi possibili.

È necessario, inoltre, assicurarsi che il tone of voice e lo stile comunicativo sia davvero coerente con il contesto all’interno del quale viene inserita la pubblicità nativa.

Oltre a questi tre consigli specifici sulle strategie di native advertising, è bene tenerne a mente altri due suggerimenti più generali, validi per qualsiasi campagna pubblicitaria: è infatti importante fissare un obiettivo realistico e misurabile e, conseguentemente, misurare e ottimizzare la campagna.

Ora che abbiamo dato la definizione di native advertising, sarà chiaro anche quanto questa forma di pubblicità è potente per le PMI e i liberi professionisti. Se sei interessato a sfruttarla per la tua attività imprenditoriale, sappi che Italiaonline e il suo team di professionisti specializzati in pubblicità su network e più in generale in digital marketing possono aiutarti a studiare la giusta strategia.

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