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Green washing: cos’è, esempi, rischi e come evitarlo

Pubblicato il 15 Marzo 2024

Dalla definizione agli esempi celebri, fino a rischi e consigli su come evitarlo: scopri tutto quello che devi sapere sul tema del greenwashing.

Contenuto:

Molte attività tendono a vantare un “ecologismo di facciata” che mira, principalmente, ad avvicinare potenziali clienti interessati al settore green. Ovviamente, tale meccanismo non è corretto, e porta al fenomeno del greenwashing.

Il significato letterale di greenwashing è semplice, il termine deriva dalle parole “green” (verde) e “whitewashing” (imbiancare). È un modo, quindi, per alcune aziende, di mascherare la propria attività facendola apparire come ecologica. Questa definizione di greenwashing ci dà modo di comprendere quanto, nel mondo del marketing in rete e fuori rete, sia facile manipolare il pubblico facendogli credere cose inesatte.

Esempi di greenwashing possono riguardare confezioni fuorvianti, pubblicità ingannevoli, informazioni non chiare sulle pratiche aziendali, etc.. Ad esempio, un’azienda potrebbe promuovere i propri detersivi come ecologici ed a basso impatto ambientale solo facendo leva su un packaging di colore verde, con una grafica ben studiata e illusoria, senza però, prendere misure significative per rispettare la natura.

Gli esempi di greenwashing possono essere veramente numerosi, in quanto colori, parole, immagini, video, possono facilmente confondere la mente del pubblico e lanciare messaggi completamente opposti alla realtà. Passiamo subito a vedere quali sono i rischi collegati al fenomeno del greenwashing e come evitarlo.

Tutti i rischi collegati al greenwashing

Le pratiche di greenwashing portano verso rischi non di poco conto, che possono segnare negativamente (e in modo permanente) le sorti di un’attività.

Prima di tutto, il fenomeno può portare verso una perdita di fiducia da parte dei consumatori. Un utente ingannato, che scopre di essere stato manipolato, difficilmente torna sui suoi passi ripetendo l’esperienza di acquisto. Pertanto sarà difficile ricostruire l’immagine e la reputazione della società.

Un altro pericolo è quello che l’azienda, in cattiva fede, non si impegni mai a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità promessi. Veder premiati i propri claim di greenwashing potrebbe portare l’azienda a decidere di non apportare modifiche alle proprie strategie.

Per quanto riguarda il lato economico, invece, possono esserci danni elevati agli investitori, poiché il greenwashing può portare a investimenti basati su informazioni fuorvianti, con conseguente riduzione del valore delle azioni.

Come si riconosce il Greenwashing e come tutelarsi?

La comunicazione greenwashing solitamente è facilmente riconoscibile in quanto:

  • Manca di dati specifici o di prove per sostenere le affermazioni fatte;
  • Le informazioni sono presentate come certificazioni, anche se non sono state validate da enti autorevoli;
  • Tende a concentrarsi su singole caratteristiche anziché sull’intero quadro ambientale;
  • Le informazioni sono vaghe, causando confusione nei consumatori, e possono includere etichette false o manipolate;
  • Le affermazioni ambientali non sono verificate o veritiere, creando una percezione distorta di sostenibilità.

Per proteggersi dal greenwashing è importante adottare alcune pratiche, tra cui la ricerca e la verifica delle informazioni. Se hai sospetti, porta a termine delle ricerche approfondite sul prodotto/servizio che hai di fronte. Inoltre, valuta l’intero quadro e non basarti su una singola caratteristica o affermazione.

Chiedi alle aziende informazioni dettagliate e trasparenti sulle loro pratiche e sforzi di sostenibilità e fai affidamento solo a fonti autorevoli.

Se sei un imprenditore attivo nel settore green, sarà cosa buona sostenere l’adozione di normative e regolamenti più rigorosi per contrastare il greenwashing e garantire la trasparenza nelle pratiche aziendali. Unisciti a organizzazioni e movimenti che promuovono la sostenibilità e la responsabilità aziendale per aumentare la consapevolezza sul fenomeno.

Green washing: gli errori da non commettere

Se sei a capo di una PMI o se sei un libero professionista e desideri agire in maniera etica e corretta verso il pubblico, è bene che tu sappia quali sono gli errori più frequenti (e ovviamente da non commettere) per non cascare nella trappola del greenwashing.

Per agire in maniera corretta, evita di fare dichiarazioni fuorvianti o esagerate sulle pratiche sostenibili della tua azienda. Sii onCesto riguardo a ciò che stai facendo per l’ambiente e non modificare i dati di fatto. Se stai comunicando gli sforzi di sostenibilità, assicurati di fornire dati e informazioni verificabili.

Non trattare la sostenibilità come un semplice strumento di marketing. Le azioni sostenibili dovrebbero essere integrate nell’intera operatività aziendale. Il rispetto dell’ambiente è un argomento serio e non deve usato come calamita per il pubblico se non viene effettivamente sostenuto.

Evita di associare il tuo marchio a cause o organizzazioni ambientali senza un reale impegno dietro. Il pubblico può essere scettico se le azioni non corrispondono alle parole. Inoltre, la sostenibilità è un impegno a lungo termine. Evita di adottare misure temporanee o di breve termine per migliorare l’immagine del tuo marchio.

Evitando questi errori e adottando un approccio autentico e trasparente alla sostenibilità, puoi contribuire a costruire un’immagine aziendale credibile e rispettabile nel lungo periodo.

Esempi storici di green washing

Vi sono degli esempi storici di greenwashing che fanno capire quanto è esteso questo meccanismo poco limpido ed etico.

Primo fra tutti il caso dei rasoi Wilkinson “Eco-Green”, in confezioni eco-sostenibili. Tuttavia, la realtà è che questi rasoi sono ancora usa e getta, ignorando l’opportunità di promuovere veri prodotti ecologici, come i rasoi di sicurezza riutilizzabili, un’opzione più sostenibile.

Segue poi la Colgate con il motto “Vegan Smile for Good“, con un dentifricio senza ingredienti di origine animale e con packaging eco-friendly. Tuttavia, la mancanza di dichiarazioni sul fatto che il prodotto sia cruelty-free solleva dubbi sulla reale considerazione degli animali nelle pratiche aziendali.

Vi è poi la Ferrarelle, che ha pubblicizzato una bottiglia con “impatto zero” sul clima, suggerendo una completa compensazione delle emissioni di CO2. Tuttavia, questa affermazione si è rivelata esagerata, portando a multe per pratiche ingannevoli.

Infine, troviamo le acque San Benedetto, con la bottiglia “Amica dell’Ambiente” e la Sant’AnnaBio Bottle”. La prima ha promosso bottiglie “amiche dell’ambiente“, ma la realtà della produzione delle bottiglie non era all’altezza delle affermazioni dell’azienda. La seconda ha esagerato nella promozione delle sue pratiche green, senza considerare che le bottiglie di plastica in sé non possono essere etichettate come “bio”.

Green washing: le leggi che regolano il fenomeno

La chiarezza è fondamentale affinché i consumatori possano distinguere le aziende che si impegnano nel rispetto delle normative ambientali da quelle che invece adottano pratiche dannose per i lavoratori e l’ambiente, ingannando il pubblico. La trasparenza aziendale è stata posta al centro della nuova legge approvata dal Parlamento dell’Unione Europea il 17 gennaio 2024, con un ampio consenso di voti favorevoli.

La legge si propone di proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali ingannevoli messe in atto da molte aziende, le quali tramite pubblicità, etichette e affermazioni fuorvianti diffondono informazioni non veritiere riguardo al loro impegno ambientale. L’obiettivo è quello di assistere i cittadini europei nell’acquisto consapevole di generi alimentari, servizi, prodotti per la casa, l’igiene personale, l’abbigliamento e altri beni.

La legge introdurrà un elenco più ampio di pratiche commerciali scorrette, vietando alle aziende di utilizzare “l’ambientalismo di facciata” e di promuovere l’”obsolescenza programmata”.

Le etichette dei prodotti dovranno rispettare norme più stringenti per evitare l’inganno dei consumatori. Sarà consentito l’utilizzo di termini come “green”, “bio” o “eco” solo per i marchi che abbiano ottenuto una certificazione di sostenibilità da enti autorizzati.

La legge porrà maggiore attenzione sull’informazione relativa alla garanzia dei prodotti, rendendo chiare e visibili le date di scadenza e le condizioni di garanzia. Saranno vietate le informazioni inesatte sulla durata dei prodotti e le false affermazioni riguardo alla possibilità di ripararli.

Se sei a capo di un’azienda e desideri assicurarti che la tua comunicazione aziendale non leda quanto previsto dalla legge in materia, opta sempre per il supporto da parte di professionisti del settore. Una sinergia tra consulenti legali ed esperti della comunicazione online, come social media manager, programmatori di siti web, ti permette di raggiungere il tuo pubblico in target senza lanciare messaggi fuorvianti e cadere in dinamiche indesiderate. Se necessiti di supporto, il team di Italiaonline è pronto a guidarti nella creazione di una strategia multicanale e in linea con le tue aspettative.

Chi ha coniato il termine greenwashing?

Cosa si intende per greenwashing?

Quali sono i rischi del greenwashing?

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