Pmi e Covid: 6 aziende su 10 rimodulano l'offerta
La pandemia ha messo a dura prova le aziende e ha cambiato i loro piani e obiettivi sul futuro. La situazione è fotografata dal report “I bisogni delle Pmi post Covid” . Ecco i dettagli

Sappiamo bene che il Covid-19 ha influenzato in modo esponenziale l’organizzazione, la produzione e tutti i processi delle aziende. A distanza di qualche mese possiamo fare un passo avanti, tracciare il percorso fatto finora e rispondere a qualche domanda: in che modo è cambiato il tessuto imprenditoriale? Quali sono le previsioni per il futuro? Come hanno reagito le aziende e cosa cercano adesso?
La situazione è stata fotografata da Intesa Sanpaolo, Piccola Industria e Deloitte che hanno realizzato insieme il report “I bisogni delle Pmi post Covid” basato sulle risposte di 6mila imprese italiane. Uno dei dati più importanti è che il 90% delle aziende intervistate riconosce oggi il bisogno di innovarsi e rimodulare l’offerta per poter reagire con forza ad eventuali difficoltà e rispondere meglio alle nuove necessità del mercato. Il 90% si è accorta di aver subito importanti danni in seguito alla pandemia e ciò le ha portato a rallentare e modificare il loro modello produttivo. Inoltre, metà delle Pmi intende avviare un percorso di internazionalizzazione per ampliare il proprio business e avere maggiori opportunità di crescita. Per raggiungere tali obiettivi diventa però fondamentale la presenza di uno o più partner commerciali affidabili e competenti.
Patrimonializzazione delle Pmi
Dal report è emerso che nove aziende su dieci vogliono rafforzare la componente patrimoniale e una su quattro nel 2020 ha avviato la riconversione della produzione, realizzando articoli che attualmente sono considerati fondamentali. Infatti, a partire da marzo molte Pmi italiane hanno iniziato a produrre dispositivi di protezione individuale, igienizzanti e altre soluzioni anti-contagio.
In un contesto in continuo divenire, le Pmi hanno bisogno di pianificare ogni mossa, anche a lungo termine, e trovare partner affidabili e consolidati, che possano aiutarle a colmare gap interni per gestire adeguatamente la “nuova normalità”.
Attualmente le imprese possono contare anche su diversi aiuti di Stato pensati per incrementare la patrimonializzazione. Uno di questi è sicuramente il Fondo Patrimonio Pmi. Esistono poi altri enti che si propongono di sostenere la crescita delle piccole e medie imprese italiane, tra questi spicca Piccola Industria, un importante ramo di Confindustria.
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Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria, ha espresso così l’impegno dell’organizzazione a favore del tessuto imprenditoriale italiano ad Il Sole 24 Ore:
«La nostra attività come si concentra nel supportare le Pmi in preparazione all’incertezza. Da imprenditori sappiamo che non siamo nella Fortezza Bastiani di Buzzati che l’evento ostile arriva e a volte può decidere il destino di un’impresa, specie se piccola. Oggi siamo convinti che digitale, green, resilienza e business continuity siano le principali sfide che abbiamo davanti».
Anche Manuel Pincetti, partner monitor presso Deloitte è d’accordo:
«Dalla nostra ricerca, che riconferma evidenze emerse da altri studi sviluppati dal nostro settore, emerge nel segmento Pmi ancora un gap: solo 3 aziende su 10 si stanno attrezzando, preparandosi ad affrontare la ripresa con piani di rilancio strutturati».
Scelta strategica del partner
Per rafforzare la propria presenza all’interno del mercato di riferimento, e magari affacciarsi anche nei mercati internazionali, è fondamentale scegliere il partner commerciale adeguato.
L’obiettivo è operare una trasformazione a livello produttivo e organizzativo e colmare il gap di competenze interne all’azienda.
In questo ambito, un’azienda su due chiede aiuto agli istituti bancari, non solo per quanto riguarda la parte finanziaria ma anche quella operativa. Tali istituzioni hanno quindi un ruolo centrale: devono accompagnare le imprese verso la transizione, la sostenibilità e l’internazionalizzazione, favorendo la nascita di una nuova cultura aziendale.
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