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Co-Branding: cos’è, vantaggi e tipologie

Pubblicato il 30 Ottobre 2023

Il co-branding è una strategia di marketing sempre più apprezzata dai brand per aumentare visibilità e profitti. In questo articolo scopriremo quali sono i vantaggi collegati a questa strategia, che vantaggi offre e come metterla in atto a favore della propria PMI.

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La collaborazione, a volte, è uno dei segreti dei grandi successi. È per questo che negli ultimi tempi il co-branding è sempre più apprezzato. Si tratta di una strategia di marketing che consente a due brand di collaborare per un nuovo prodotto o un nuovo servizio, con l’obiettivo di acquisire nuovi clienti e aumentare il proprio appeal.

Il co-branding, quindi, è una strategia adottata quando due o più aziende decidono di unire le proprie risorse e solitamente viene sfruttata in occasione di eventi speciali, così da migliorare la competitività e la riconoscibilità sul mercato.

Per mettere in atto una strategia di questo tipo, però, è bene farsi supportare dai giusti professionisti: responsabili di marketing, esperti in branding, avvocati specializzati in accordi di collaborazione, designer grafici (per la creazione di materiali promozionali), analisti di mercato e project manager specializzati in tattiche pubblicitarie in rete, per coordinare l’intera operazione. Inoltre, in alcuni casi, possono essere richiesti consulenti finanziari per la valutazione delle implicazioni finanziarie dell’accordo. L’apporto di professionisti esperti in social media e relazioni pubbliche, può inoltre aiutare a comunicare efficacemente la collaborazione al pubblico.

Andiamo subito al dunque: nei prossimi paragrafi, scopriremo meglio il significato di branding e i suoi vantaggi.

Cos’è il co-branding?

Per capire bene la definizione di co-branding è necessario fare uno studio letterale del termine. “Co-branding” deriva dall’unione di due parole: “co” (che significa “insieme” o “con”) e “branding” (che si riferisce all’attività di creare, gestire e promuovere un marchio o brand).

Prendi due marchi, magari anche distanti tra loro come mercato di riferimento, e uniscili per creare un prodotto irresistibile. Questo è il co-branding, una cooperazione temporanea tra due brand per lanciare sul mercato un prodotto a doppia firma. Perché, sia chiaro, il co-branding prevede che i due marchi siano distinti e riconoscibili agli occhi dei propri clienti.

C’è da sapere che il co-branding non prevede forzatamente la collaborazione tra due soli brand: sulla carta potrebbero essere molti di più. Alcuni esempi di successo però (come vedremo) ci portano a pensare che la cooperazione a due sia la strada migliore.

Tutti i vantaggi del co-branding

Perché fare co-branding? Molte aziende potrebbero vedere il percorso collaborativo troppo arduo da intraprendere, ma in realtà ci sono molti vantaggi che potrebbero scaturire dalla cooperazione.

Uno dei primi vantaggi collegati al co-branding è l’apertura a nuovi mercati di riferimento. Se un’azienda leader di solette innovative inizia a collaborare con un famoso brand di scarpe è chiaro che porta il proprio marchio sotto gli occhi di un’enorme platea di persone. Maggior visibilità significa anche un maggior aumento delle vendite, non solo per il prodotto oggetto della collaborazione, ma anche per i prodotti del proprio store che nulla hanno a che fare con il co-branding.

C’è poi un’evidente questione economica: lanciare un co-branding significa dividere i costi, dividere le risorse da impiegare e, perché no, dividere anche i rischi.

Co-branding: le principali tipologie e esempi

Nel marketing non c’è mai limite alla fantasia: è per questo motivo che i brand ci offrono ogni volta delle idee collaborative diverse e con obiettivi e strategie differenti.

Tra le tipologie di tattiche co-branding presenti sul mercato, troviamo:

  • Co-branding strategico e tattico: nel co-branding strategico solitamente vi è un impegno di medio-lungo termine, che spesso porta anche alla nascita di un brand terzo o di un nuovo prodotto. Nella collaborazione tattica, invece, le tempistiche sono ridotte, legate ad un prodotto già presente e votate a raggiungere un solo obiettivo: incrementare nuovi segmenti di mercato per un determinato prodotto/servizio;
  • Co-branding funzionale: è la versione primaria del co-branding. Si lancia sul mercato un prodotto che preveda, sia nel naming che nel packaging, la presenza di tutte le due (o più) aziende coinvolte nella cooperazione;
  • Co-branding esclusivo o non esclusivo: una strategia di marketing che si basa sulla collaborazione tra aziende partner. In alcuni di questi contratti di co-branding può essere prevista l’esclusività, il che significa che un’azienda non può stipulare altre collaborazioni oltre quelle in essere. Questo serve per garantire un maggior riconoscimento alla cooperazione. Se invece non vi è il rapporto di esclusività, un’azienda può ripetere la stessa strategia anche con altre aziende partner;
  • Innovation co-branding: una tipologia di co-branding che è molto in voga tra le aziende tech. La teoria di base è che la collaborazione sia votata alla realizzazione di un prodotto o servizio creato con le tecnologie più innovative. Un esempio efficace per comprendere l’innovation co-branding è la cooperazione tra Mastercard e Apple, che ha dato vita all’applicazione Apple Pay;
  • Ingredient co-branding: strategia di co-branding molto utilizzata nel settore Food che, come dice la parola, prevede l’inserimento di un ingrediente di un marchio all’interno di un prodotto di un altro marchio. L’idea di fondo è di abbellire un prodotto con un componente di qualità di un altro brand. Un esempio di co-branding ingredient è la sinergia nata tra le Smarties decorative e i gelati McDonald’s;
  • Building: si tratta di una strategia di marketing che prevede la vendita di due prodotti ad un prezzo unico. Nel caso del co-branding uno dei prodotti potrebbe appartenere a un marchio noto, mentre il secondo a un brand semisconosciuto, il quale sfrutta il marchio noto per aumentare la propria popolarità.

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