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Che cosa sonoi nuovi PIR per sostenere le piccole e medie imprese

Pubblicato il 15 Giugno 2020

I Piani Individuali di Risparmio sono pensati per effettuare investimenti a medio termine in favore delle PMI. Ecco come funzionano e le novità 2020

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PIR è l’acronimo di Piani Individuali di Risparmio. Queste soluzioni sono state introdotte dalla Legge di Bilancio del 2017 e permettono di effettuare investimenti a medio termine da parte di persone fisiche a favore delle aziende quotate in Borsa, con particolare riferimento alle PMI. Alcune modifiche ai piani vennero introdotte già nel 2019 con l’obiettivo di ampliare il bacino di opportunità, ma le novità più importanti sono quelle contenute nel Decreto Rilancio. L’intervento contiene un pacchetto di misure pensato per far ripartire le aziende nella Fase 2 della crisi sanitaria da Covid-19.

L’obiettivo dei PIR è quindi quello di stimolare le persone fisiche a investire i propri risparmi su strumenti finanziari emessi da aziende quotate in Borsa. Nel 2020 le regole legate ai PIR sono nettamente a favore delle aziende di piccole dimensioni che hanno quindi maggiore bisogno di investimenti, utili anche per risollevarsi dalla crisi sanitaria.

Cosa sono i PIR

I PIR sono strumenti dedicati ai piccoli investitori e possono essere di diverse tipologi. Sono rivolti esclusivamente a persone fisiche residenti in Italia e non ad aziende o persone giuridiche. Inoltre, un PIR non può essere cointestato, quindi ogni persona ne può sottoscrivere solo uno. Infatti, al momento della stipula del piano, il titolare deve consegnare al proprio intermediario un’autocertificazione in cui dichiara che il PIR è solo a suo nome e non condiviso con altri. Dichiarazioni false comportano una revoca del PIR e anche sanzioni.

In origine, ogni investitore non poteva superare 150mila euro di investimenti, mentre i singoli PIR non potevano superare i 30mila euro ed essere mantenuti per almeno 5 anni. Stipulando un PIR e investendolo secondo le regole sopraccitate, l’investitore otteneva e ottiene tuttora l’abbattimento del carico fiscale del suo investimento. E questa è la caratteristica principale dei PIR.

Come si può usare un PIR?

Una volta ottenuto il PIR, l’investitore può usarlo in diversi modi: azioni, obbligazioni, conti correnti e altri strumenti finanziari emessi da aziende di diverso tipo. Inizialmente, il 70% del totale doveva essere destinato a soluzioni emesse da aziende italiane o europee con almeno una sede organizzativa e produttiva in Italia. È tuttora così ma, come vedremo dopo, le percentuali sono andate modificandosi col tempo.

Un’altra caratteristica dei Pir tradizionali è che il 30% di quel 70% doveva essere investito su imprese non appartenenti al FTSE Mib della Borsa italiana. Inoltre, il 10% massimo doveva essere destinato a strumenti emessi dalla stessa impresa. Vediamo come si sono evoluti i PIR negli ultimi due anni.

PIR 2019: tutte le novità

Una prima modifica a questi strumenti è stata introdotta un anno fa, attraverso la Manovra di Bilancio 2019. Innanzitutto, una volta emesso il PIR occorreva investire il 3,5% del 21% in strumenti finanziari non appartenenti ad aziende del segmento FTSE Mib, ma emessi da aziende più piccole di AIM Italia. Un ulteriore 3,5% deve essere investito in azioni o quote di venture capital italiani. Quindi già a partire dal 2019 questi strumenti sono stati orientati a favore delle piccole e medie imprese italiane. Un ulteriore passo in tale direzione è stato fatto quest’anno.

Nuovi PIR 2020: in cosa consistono

Le nuove regole legate ai PIR sono state chiarite nell’articolo 136 del Decreto Rilancio (DL 34/2020). Rispetto a prima salgono i limiti di investimento e vengono delineati con maggiore rigore i criteri che compongono i PIR, ma soprattutto le principali regole dei nuovi PIR 2020 sono a favore delle PMI.

Naturalmente, non si pagano le tasse sui rendimenti a patto che si mantenga l’investimento su quegli strumenti per almeno 5 anni. Un unico investitore può avere diversi PIR, e soprattutto i nuovi e i vecchi sono compatibili tra loro. Ma un PIR non può avere più titolari, come già detto. Quindi una persona può essere titolare sia di un Piano legato alle regole del 2019 sia ad uno che invece è emesso secondo le regole del Decreto Rilancio. Ma quali sono queste famose nuove regole?

Innanzitutto, chi ha un PIR 2020 è tenuto a investire il 70% del piano su strumenti emessi da aziende che occupano indici e mercati minori della Borsa italiana. Quindi l’investitore può investire su aziende appartenenti a Small cap, AIM Italia e sul segmento Star. Di conseguenza, la maggior percentuale del piano servirà per sostenere imprese diverse da quelle presenti nei mercati FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o equivalenti estere. Questa manovra permette quindi alle imprese di dimensioni minori di avere maggiori opportunità di investimento.

Il PIR permette di investire sugli strumenti finanziari emessi dall’azienda quotata ma anche su prestiti e crediti emessi verso le imprese. L’investitore non è più obbligato a dedicare una parte del risparmio ad un venture capital. Inoltre, le nuove regole permettono alle casse previdenziali e fondi di investimento di avere solo un PIR, limitato al 10% del patrimonio.

In fine, il 20% del PIR può essere investito in strumenti emessi da una stessa impresa o società, mentre precedentemente la percentuale era bloccata al 10%. Con i nuovi PIR è possibile investire 150mila euro all’anno, per un totale di 1,5 milioni di euro.

Questi strumenti hanno quindi un importante punto di forza: permettono ai risparmi privati di far circolare l’economia reale del Paese grazie a investimenti mirati. E con l’uscita dei nuovi PIR, chiamati anche PIR alternativi, sarà possibile offrire un maggiore contributo all’entrata in Borsa di piccole società in un periodo difficile come quello legato al Covid-19.

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